Quando ero bambino la poetessa Wislava Szymborska scriveva la raccolta di poesia Gente sul ponte (1986)
Scrivere il curriculum:
“Che cos’è necessario?
È necessario scrivere una domanda
E alla domanda allegare un curriculum
A prescindere da quanto si è vissuto
Il curriculum dovrebbe essere breve.
È d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu
I viaggi sono solo all’estero,
l’appartenenza a un che, ma senza perché,
onoreficenze senza motivazione
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
E ti evitassi.
Sorvola sui cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
E il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
Colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio in vista.
È la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta” (1986, pp. 165 – 166).
Szymborska osserva con sapiente, acuta semplicità alcune vicende dell’”io” – che risuonano con quelle di Massimo -. E Szymborska – come la poetessa – “gente sul ponte”? Siamo capaci di vivere la vertigine dell’attraversamento?
“Doveva essere migliore degli altri il nostro ventesimo secolo.
Non farà più in tempo a dimostrarlo,
ha gli anni contati,
il passo malfermo,
il fiato corto.
Sono ormai successe troppe cose
che non dovevano succedere,
e quel che doveva arrivare
non è arrivato.
Ci si doveva avviare verso la primavera
e la felicità, tra l’altro.
La paura doveva abbandonare i monti e le valli.
La verità doveva raggiungere la meta
prima della menzogna.
Alcune sciagure
non dovevano più accadere,
ad esempio la guerra e la fame, e così via.
Doveva essere rispettata
l’infermità degli inermi,
la fiducia e via dicendo.
Chi voleva gioire del mondo
si trova di fronte a un’impresa impossibile.
La stupidità non è ridicola,
La saggezza non è allegra.
La speranza
non è più quella giovane ragazza
et cetera, purtroppo
Dio doveva finalmente credere nell’uomo
Buono e forte, ma il buono e forte
Restano due esseri distinti.
Come vivere?- mi ha scritto qualcuno
A cui intendevo fare la stessa domanda.
Da capo, e allo stesso modo di sempre,
Come si è visto sopra, non si sono domande più pressanti
delle domande ingenue (1986, pp. 158 – 159).
Sull’altra spalla del ponte, della passerella delle esperienze, oltre l’”io”, si trova il “noi”. Szymborska descrive scorci di quotidianità. Poi ci sorprende
e dà forma a straordinarie riflessioni su storia politica, civiltà.
Per questa raccolta Szymborska ha ricevuto nel 1986 il Premio Culturale del Sindacato dei lavoratori Solidarnosc, che allora operava come
organizzazione clandestina.
*Wislava Szymborska (1986), “Gente sul ponte”, in La gioia di scrivere. Tutte le poesie. (1945 – 2009), Milano Adelphi Edizioni, 2009, pp. 409-489
[Sara Zambotti è psicoanalista e psicoterapeuta tra Pavia e Milano]